Le diete iperproteiche ed ipoglucidiche negli ultimi anni sono diventati una delle prime scelte per perdere peso in poco tempo. Cosa ne pensa la comunita’ scientifica? Facciamo il punto della situazione.
Sempre maggiore è l’interesse che negli ultimi anni, all’interno della comunità scientifica e non, è emerso nei confronti di approcci dietetici finalizzati alla perdita di peso in poco tempo per ridurre l’obesità ed i rischi di sindrome metabolica e diabete di tipo 2.
Notevole attenzione è rivolta, inoltre, alla ricomposizione corporea, intesa come il fenomeno nel quale il guadagno di massa muscolare magra avviene simultaneamente alla perdita della massa grassa.
Quest’ultima desta particolare curiosità nella popolazione giovane-adulta, negli atleti d’élite e negli sportivi amatoriali.
E’ molto importante inoltre è l’attenzione che si sta ponendo al potenziamento/mantenimento della massa magra, anche nella popolazione anziana, allo scopo di prevenire sarcopenia ed infortuni.
La pericolosa diffusione, soprattutto attraverso i social media, di indicazioni relative a diete iperproteiche ed ipoglucidiche (eventualmente anche ipocaloriche), si sta rivelando in un’attenzione ossessiva a tutto ciò, soprattutto da parte dei non addetti ai lavori.
Tali indicazioni vengono infatti suggerite alla popolazione generale, senza fare alcuna distinzione, al fine di preservare lo stato di salute anche in coloro che non presentano sovrappeso/obesità o patologie che richiedono tali approcci dietetici.
Il danno più grave è che vengono proposte come “La soluzione per tutto”, esaltando in maniera quasi esasperata gli aspetti positivi senza però accennare minimamente agli eventuali effetti collaterali e alla necessità di essere seguiti da uno specialista per la valutazione del proprio stato di salute.
Risulta quindi fondamentale, per tutelare la salute, definire linee guida, supportate da evidenze scientifiche, con lo scopo di uniformare strategie d’intervento, al fine di scongiurare l’autoprescrizione, senza alcun controllo specialistico.
Diete iperproteiche
Cosa significa dieta iperproteica?
La dieta iperproteica è caratterizzata da un aumentato consumo di proteine superiore alle percentuali raccomandate dalle linee guida.
Anche se nel breve periodo questo approccio potrebbe rivelarsi efficace nella perdita di peso in poco tempo, il mantenimento di tale risultato nel lungo termine non è provato.
Secondo le linee guida in un’alimentazione sana e bilanciata la percentuale di proteine deve aggirarsi intorno al 12-15% (0.8 e 1g/kg/die) delle kcal introdotte quotidianamente.
Il restante apporto dovrebbe derivare, per lo più, da carboidrati (45-60%) e, in secondo luogo, da grassi (25-35%).
Nelle diete iperproteiche questa ripartizione viene modificata e le proteine consumate raggiungono percentuali più elevate (≥ 16% e si può talora arrivare fino al 30%, mediamente la percentuale proteica si attesta tra il 25 ed il 30%).
Esistono varie tipologie di dieta con una quota proteica diversa rispetto ai livelli raccomandati applicabili in vari contesti specifichi, sia di tipo fisiologico che patologico.
Diete iperproteiche frequentemente assunte dagli atleti agonisti e in alcune condizioni patologiche
Sono generalmente diete iperproteiche “pure” normoglucidiche e normocaloriche (in cui viene potenziato solo l’apporto di amminoacidi/proteine).
L’intervento nutrizionale nello sportivo dovrebbe, prima di tutto, avere l’obiettivo di preservare lo stato di salute della persona e in età evolutiva favorire un sano accrescimento staturo-ponderale.
Non vi sono evidenze che oltre un certo limite (2g/kg/die) l’introito proteico nel soggetto sano ed atletico possa produrre risultati in termini di implementazione della massa muscolare.
Deve essere sempre garantito all’atleta e allo sportivo un adeguato apporto energetico e di glucidi, non solo per sostenere lo sforzo fisico, ma anche a sostegno delle funzioni vitali.
Questa tipologia di dieta può essere utilizzata anche in pazienti che versano in condizioni patologiche quali:
- pazienti grandi ustionati
- pazienti nefropatici con perdita di aminoacidi dall’emuntorio renale (sindrome nefrosica).
Diete iperproteiche nel trattamento dell’anziano sarcopenico
I soggetti anziani dovrebbero assumere 1-1,2g/kg di peso corporeo/die di proteine dall’alto valore biologico (proteine del siero del latte e/o integratori a base di aminoacidi essenziali soprattutto ramificati: Isoleucina, Leucina e Valina, che vengono metabolizzati a livello muscolare, nervoso centrale e adiposo, senza coinvolgimento epatico), associando regolare attività fisica di resistenza a bassa intensità e supplementazione adeguata di vitamina D.
La dieta iperproteica fai da te condotta per lunghi periodi, senza un rigoroso controllo né tantomeno una reale necessità può presentare rischi quali carenza di micronutrienti (vitamine, minerali) e fibre, riduzione dei depositi di glicogeno nel fegato (utilizzato per mantenere i normali livelli di glucosio nel sangue) e causare episodi di chetoacidosi a causa dell’eccessiva e non controllata presenza di corpi chetonici nel sangue.
È quindi importante evitare di seguire mode generiche.
Diete ipoglucidiche
Cosa significa dieta ipoglucidica?
Le diete ipoglucidiche (o low carb), ovvero a ridotto contenuti di carboidrati, possono essere prescritte e supervisionate da medici specialisti, per periodi limitati, per il raggiungimento dei risultati metabolici desiderati.
In considerazione degli incoraggianti risultati, non solo rispetto alla riduzione della massa grassa nell’obesità, ma anche per i loro significativi effetti su:
- diabete di tipo 2,
- sindrome metabolica,
- obesità con Sindrome dell’Ovaio Policistico (PCOS),
- obesità sarcopenica,
Rivestono particolare interesse le diete a ridotto contenuto di carboidrati, ma normoproteiche:
- Low-CarbohydrateDiet
- Very-Low-CarbohydrateKetogenicDiet
I regimi alimentari dimostratisi maggiormente efficaci nell’ottenimento degli obiettivi di peso, di compenso glicometabolico, lipidico e di riduzione del rischio cardiovascolare complessivo, con risultati (almeno nel breve periodo) sostanzialmente sovrapponibili, sono:
- la dieta mediterranea (riduzione del rischio di sviluppo di diabete mellito, diminuzione di HbA1c, trigliceridi e riduzione del rischio cardiovascolare);
- low e la very-low-carbohydrate-diet (calo ponderale marcato, diminuzione di trigliceridi, HbA1c, pressione arteriosa e potenziamento delle HDL).
Se classicamente il mantenimento di tali risultati nel tempo è stato accertato soltanto per la dieta bilanciata mediterranea, vi sono però recenti studi che, trascorsi 12-36 mesi, mettono in evidenza buoni risultati anche per le diete chetogeniche.
Un possibile vantaggio dal punto di vista metabolico, specie in soggetti sovrappeso/obesi, affetti da diabete mellito/insulino-resistenza, dislipidemia, è stato recentemente ipotizzato per diete a ridotto contenuto di carboidrati (Low-Carbohydrate-Diet e Very-Low-Carbohydrate-Ketogenic-Diet), ma normoproteiche.
Risultati incoraggianti rispetto alla rapidità del calo di peso nei primi sei mesi di trattamento rispetto alle diete equilibrate mediterranee classiche (ipocaloriche, ipolipidiche, normoproteiche), anche se i risultati a 12 mesi risultano sovrapponibili.
La Very-Low-Calory-Ketogenic-Diet è stata ultimamente somministrata con maggiore frequenza a pazienti in cui era necessario ottenere, in breve tempo, un consistente calo di peso e un miglioramento della sindrome metabolica.
Ridurre l’apporto di carboidrati a quote inferiori a 30g/die, unitamente ad un “compenso” percentuale di grassi e proteine (rispettivamente 44 e 43%, per un intake proteico comunque ancora vicino alle linee guida, di 1.2-1.5g/kg di peso corporeo), in condizione di normale capacità di secrezione insulinica, conduce alla formazione di corpi chetonici.
Questi corpi chetonici sono utilizzabili come substrato energetico al posto del glucosio, con vantaggi di riduzione della sensazione di fame (azione centrale) e mantenimento di buoni livelli di energia psico-fisica (il SNC utilizza i corpi chetonici agevolmente, tanto che in origine le diete chetogeniche venivano proposte per le epilessie farmaco-resistenti in età pediatrica e ad oggi sono proposte per varie malattie neurodegenerative quali sclerosi multipla, SLA, emicranie severe farmaco-refrattarie).
Le raccomandazioni secondo il Cardiovascular Endocrinology Club e la Società Italiana di Endocrinologia per la somministrazione della VLCKD sono:
- obesità grave morbigena, associata o meno a diabete mellito tipo 2,
- dislipidemia,
- ipertensione arteriosa,
- obesità sarcopenica,
- management pre-chirurgia bariatrica,
- epilessie in contesto di severa obesità infantile o importante insulino-resistenza.
Tuttavia, se ampie sono le fonti da cui attingere risultati incoraggianti a breve termine per i regimi VLCKD, limitati sono ancora i dati rispetto ai possibili risultati a lungo termine, per cui dovrebbero essere incoraggiati studi in tal senso.
Diete iperproteiche ed ipoglucidiche
Vi è confusione, spesso sostenuta da un’informazione non scientifica, tra concetto di dieta iperproteica e dieta ipoglucidica.
Vi sono infatti protocolli alimentari nei quali una dieta iperproteica non è sempre necessariamente a ridotto contenuto di carboidrati, così come una dieta ipoglucidica non è necessariamente a maggior contenuto di proteine.
Si possono avere diverse tipologie di diete iperproteiche ed ipoglucidiche:
- Diete iperproteiche ipoglucidiche ipocaloriche (LCD) → Utilizzate in pazienti in sovrappeso con o senza alterazione del metabolismo degli zuccheri (diabete mellito tipo 2/intolleranza glucidica ed insulino-resistenza)
- Diete iperproteiche ipoglucidiche iperlipidiche normocaloriche (dieta paleo, dieta ancestrale, dieta Atkins e simili) → Utilizzate sostanzialmente a scopo dimagrante, ma non uniformemente approvate dalla comunità scientifica.
La dieta Atkins, unica peraltro formalmente “condannata” dall’American Medical Association Council on Food and Nutrition per il rischio cardiovascolare correlato all’elevato apporto di grassi, aveva inizialmente dimostrato nel breve termine migliori risultati sul calo ponderale, riduzione delle LDL, aumento delle HDL e diminuzione della trigliceridemia, rispetto alle diete con il 55% o più di introito di CHO.
Diversi studi dimostrano sostanzialmente una superiorità nel breve termine, della dieta iperproteica ipoglucidica rispetto alla dieta normoproteica a più elevato contenuto di CHO, in termini di miglioramento di:
- composizione corporea (perdita considerevole e rapida di peso),
- compenso glicometabolico,
- miglioramento dell’insulino-resistenza,
- aumentata utilizzazione periferica del glucosio e degli acidi grassi a scopo energetico,
- miglioramento del profilo lipidico
- diminuzione del rischio cardiovascolare complessivo, attraverso il decremento della colesterolemia totale, con mantenimento, quando non addirittura potenziamento, dei livelli di HDL, assieme ad una comprovata marcata diminuzione della trigliceridemia e dell’uricemia (nella fattispecie in regimi dietetici costituiti prevalentemente da proteine di origine vegetale).
Tali risultati, del cui mantenimento non vi sono prove nel lungo termine, piuttosto che all’incremento della quota proteica appaiono verosimilmente maggiormente correlati al contenimento della quota glucidica e calorica, in studi su popolazioni di soggetti con eccesso ponderale (e conseguenti disordini del metabolismo degli zuccheri e resistenza insulinica correlata all’obesità).
La supplementazione proteica è risultata efficace nel potenziamento della massa magra muscolare, unitamente a soddisfacente perdita di grasso viscerale, in soggetti con un buon livello di attività fisica abituale, mentre tali risultati non sono stati rilevati in soggetti sedentari (adulti e anziani).
La Nutrition Committee of the Council on Nutrition, già nel 2001, sosteneva la teoria che gli incoraggianti risultati della dieta iperproteica non fossero da attribuire alle componenti in termini di percentuali di macronutrienti, bensì al solo calo ponderale.
Se, negli studi, il confronto tra dieta iperproteica e dieta mediterranea equilibrata a 6 mesi poneva di fronte ad una apparente superiorità della prima sulla seconda, maggiormente evidenti in soggetti che inizialmenteerano obesi e “dismetabolici”, a 12 e 24 mesi tali risultati venivano ampiamente “livellati” e superati dalla dieta ipocalorica di stampo mediterraneo.
Ricordate bene…
Le diete ipoglucidiche e spesso anche iperproteiche, caratterizzate da un’alimentazione che prevede un ridotto apporto di carboidrati accompagnato da un aumentato introito proteico, sono frequentemente utilizzate con l’obiettivo di una perdita di peso in poco tempo.
Se opportunamente personalizzate, trovano la loro applicazione terapeutica in alcune patologie come obesità, sindrome metabolica e diabete di tipo 2, dove, sotto supervisione medica, hanno dimostrato buoni risultati sulla perdita di massa grassa e controllo glicemico.
Tuttavia, non vi sono ad oggi sufficienti evidenze scientifiche a supporto del mantenimento dei risultati a lungo termine e pertanto, anche se nel breve periodo si possono rivelare efficaci nella perdita ponderale, un modello alimentare equilibrato come la dieta mediterranea rimane il consiglio più adatto per l’obiettivo di benessere in termini di peso/salute nel tempo.
La dieta mediterranea, studiata nel breve e nel lungo termine, resta tutt’oggi la migliore strategia di prevenzione nutrizionale per mantenere lo stato di salute in tutte le fasce d’età.
Si è dimostrata efficace nel controllo del peso corporeo e nella prevenzione/miglioramento del rischio cardiovascolare e di patologie croniche autoimmuni e neurodegenerative.
Tutti gli studi scientifici condotti sulla dieta mediterranea hanno confermato la superiorità di questa rispetto a schemi alimentari semplicemente ipoglucidici ed iperproteici.
RICORDATE: Le diete ipoglucidiche ed iperproteiche NON sono sinonimo di DIMAGRIMENTO.
Anche se nel breve periodo questo approccio potrebbe rivelarsi efficace nella perdita di peso, il mantenimento di tale risultato nel lungo termine NON è provato!
Un caro saluto,
Il team di Nutrizionista In Cloud.